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“Intervista a Salvio Passariello di Fosca Tortorelli”
Il mondo della carne è molto complesso e articolato, dipende da numerosi fattori come la tipologia di allevamento, il tipo di alimentazione dell’animale, il suo benessere, e naturalmente le fasi che vanno dalla sua macellazione fino alla sua trasformazione. Per non parlare poi del suo trasporto, della sua conservazione e la sua successiva vendita. Ed è proprio su questi aspetti che si innescano svariati interrogativi, oltre il fatto di quanto questo alimento negli ultimi anni è stato fortemente demonizzato. Per cui come fare per orientarsi e per non cadere nelle trappole che il mercato e il sistema mettono in campo?
Il consumo di carne, è infatti fortemente dibattuto sia per questioni etiche e ambientali, sia soprattutto per motivi legati alla salute, ma come per tutte le cose, se prese a piccole dosi e scelte con la giusta attenzione il problema non si pone.
Ma come facciamo a sapere se quello che stiamo comprando è effettivamente un prodotto “qualitativamente meritevole”?
Ci sono diversi aspetti fondamentali di cui è importante tenere conto, primo tra tutti la trasparenza di chi la carne la mette esposta nel banco e ha le carte in regola.
Forse non tutti sanno che per legge nel banco della macelleria è obbligatorio mostrare la “carta d’identità” dell’animale che si sta vendendo e soprattutto indicarne origine e data di macellazione. Poi naturalmente bisogna farsi qualche domanda in più sul prezzo di vendita e non lasciarsi ingannare anche da colori o mode del momento. La prima cosa poi è sapere che se si parla di Marchigiana, Chianina o Podolica, giusto per citarne alcune le differenze sono evidenti, sia nella resa delle carni, come nelle caratteristiche nutritive che ciascuna possiede. Inoltre diventa importante anche sapere come sono stati alimentati e, una volta macellati il loro tempo di frollatura.
Come racconta Salvio Passariello, titolare di diverse realtà gastronomiche legate al mondo delle carni, che partono dall’azienda agricola della moglie, “Fattoria Carpineto”, storica azienda di Presenzano, in provincia di Caserta, dove oggi – sui circa 60 ettari di terreno di proprietà – vengono allevati circa seicento capi di bestiame, suddivisi tra bovini di razza Podolica e Marchigiana. Una realtà che ha sempre puntato alla trasparenza con i propri clienti, e che mette in primo piano il benessere dell’animale.
Prima di entrare nel vivo del suo prodotto Salvio sottolinea la differenza degli antibiotici: “quelli dannosi sono quelli che favoriscono la crescita forzata degli animali, spesso vengono inseriti nel cosiddetto “nucleo”, ossia nel composto che viene scritto dall’alimentarista e/o nei sali minerali che l’animale mangia. Tutto questo per dire che non vanno confusi con il possibile trattamento preventivo che naturalmente viene fatto solo in quegli animali che potrebbero portare un problema all’interno dell’allevamento stesso. Alla fine è come una sorta di “vaccino”, che viene poi digerito nel tempo; è semplicemente una prevenzione. I nostri bovini sono principalmente di razza Marchigiana e Podolica e vengono alimentati secondo una dieta genuina, bilanciata e studiata in collaborazione con un’equipe di veterinari. Scegliamo razze le cui carni si caratterizzano per qualità organolettiche e nutrizionali superiori e studiamo una dieta sana e bilanciata per garantire una crescita equilibrata dei capi, secondo ritmi e tempi naturali. I nostri capi bestiame trascorrono cinque mesi al pascolo, noi l’ingrasso lo iniziamo dal sesto mese in poi e vengono poi portate nelle stalle dove ha questo macro spazio dove vive con lo stesso gruppo con cui ha trascorso il tempo in montagna. Il lavoro viene fatto anche a monte nella selezione delle aree di pascolo, dove sono presenti nelle erbe le vitamine necessarie per l’alimentazione dell’animale stesso. Ossia riconosciamo alcune macchie di verde con presenza di vitamina A ed E che favoriscono protezione all’organismo dell’animale. Siamo tra le poche realtà agricole in grado di controllare il proprio prodotto dall’origine fino alla consegna al cliente finale, monitorando con attenzione ogni singola fase del ciclo produttivo. Coltiviamo sui nostri campi i foraggi che nutriranno i bovini, selezioniamo attentamente ogni singolo capo per garantirne provenienza e tracciabilità, alleviamo ogni soggetto nelle nostre stalle secondo i più elevati standard qualitativi, lavoriamo le mezzene e realizziamo lunghe frollature nelle celle del nostro punto vendita di Napoli. Il nostro obiettivo è quello di rendere i consumatori finali più competenti ed informati, in grado di operare delle scelte più consapevoli e di comprendere, quindi, al meglio i valori espressi dalla nostra azienda.
La Comunità Europea dal 2016 stabilisce che in tutti gli esercizi commerciali che vendono carni deve essere esposto il documento di rintracciabilità, che indichi, non solo se si tratta di chianina meticcio, marchigiana, ma ovviamente la sua provenienza. Questo aspetto non solo consente di avere una sorta di carta di identità dell’animale, ma anche di comprendere il suo valore in termini di prezzo. Perché in base alla zona di produzione ci saranno differenze nel prodotto finito.”
“Inoltre la visibilità del certificato ti permette di leggere la data di macellazione e di conseguenza ti permette di capire se è vera la frollatura che ti indicano. È proprio questo metodo orientato alla naturalezza e al benessere che ci consente di frollare a lungo la nostra carne (mediamente per 45 giorni). Inoltre nessuno sa che oggi tutti i preparati che si trovano sugli shop online, sono obbligati a inserire tutti i conservanti e gli ingredienti presenti nel preparato. Quindi anche lo shop online è stato regolamentato al riguardo degli ingredienti e del metodo di lavorazione della preparazione. Il problema si pone quando ci si trova in un banco macelleria che compra e vende e non ha il suo proprio allevamento. Va anche evidenziato che le diverse carni che vengono dall’estero hanno il problema della gestione del trasporto/conservazione stessa dell’animale. Bisogna sapere che il sangue negli animali della comunità europea durante la macellazione deve – per obblighi di legge – essere asportato; mentre spesso nelle carni estere si avverte una sensazione ferrosa, questa non è altro che la componente di sangue essiccato che viene dato nella composizione dell’alimentazione dell’animale”.
Questi stessi concetti li ha sottolineati in modo puntuale anche Francesco Veneruso, macellaio e allevatore, titolare dell’omonima macelleria di Ercolano, che racconta le peculiarità della sua attività: “Non siamo una semplice macelleria ma abbiamo aperto le nostre competenze anche al mondo della gastronomia più in generale e della braceria. Tutto nasce dagli allevamenti, dove cresciamo i nostri animali che vengono poi macellati e serviti ai nostri clienti. Questo ci permettere di conoscere sempre l’ottimo stato della carne, controllando il processo produttivo dal campo alla tavola. Oltre ad allevare gli animali e selezionare le migliori carni da servire ai miei clienti, mi occupo in prima persona della preparazione di prosciutti cotti, mortadelle ma anche wurstel e insaccati interamente realizzati da noi, sempre in modo attento e trasparente. È imprescindibile per me far vedere alla mia clientela il certificato di macellazione e consigliare, oltre che spiegare il taglio o il tipo di cottura più idoneo; in un certo senso cerco di educare il mio cliente a comprendere e conoscere in modo più cosciente”.
L’attività della famiglia Veneruso – oggi alla quarta generazione di macellai – da sempre è incentrata sulla selezione delle migliori carni. Viene proposta carne IGP del consorzio appenninico e sono selezionate anche altre specialità territoriali, come il suino nero della Calabria e il maialino nero casertano, l’agnello laticauda per fare solo alcuni esempi. Francesco da anni sta inoltre svolgendo un lavoro attento di formazione e informazione corretta, non solo nel suo esercizio commerciale, ma anche nella sua costante e continua attività di docente e di collaborazione con gli allevatori che provvedono al benessere dell’animale.
Oggi ci si sofferma e ci si riempie la bocca con la durata della frollatura della carne, piuttosto che richiedere al macellaio la sua carta di identità.
In merito al tema della frollatura della carne, quali sono gli aspetti che bisogna assolutamente sapere?
La frollatura è una tecnica dove il tempo agisce sulla carne per renderla migliore, in tutto e per tutto; il tempo da solo non basta però: la frollatura è il procedimento con cui la carne viene fatta maturare all’interno di ambienti e temperature controllate per ammorbidire e insaporire le fibre.
Come sottolinea Salvio Passariello: “Detto in termini brutali, la frollatura è una sorta di “putrefazione controllata”. Questo Processo Post Morte è fondamentale perché subito dopo l’uccisione del bovino, entrano in gioco tantissime reazioni biologiche, chimiche e fisiche che provocano un naturale irrigidimento della carne.
Lo scopo della frollatura è rilassare e distendere le fibre muscolari della carne, conferendogli morbidezza, intensificando il gusto e dando al prodotto una maggiore digeribilità. Attorno a questo processo oggi si fa tantissimo marketing, spacciando nozioni che nulla hanno a che fare con l’effettivo procedimento. La frollatura non è uguale per tutti i tipi di carne ed esistono diverse tecniche che differenziano altrettante scuole di pensiero. La frollatura sottovuoto segue un principio fisico molto semplice: in assenza di ossigeno la carne tende ad espellere i propri liquidi, crea umidità e l’ambiente umido fa frollare la carne più rapidamente, immersa nei suoi stessi succhi. Questa stagionatura, chiamata anche frollatura umida, è il processo più simile alla macerazione che esista. La tecnica ha però delle controindicazioni: come detto, è il tempo a fare la maggior parte del lavoro quindi, a dispetto di una carne tenera dovuta all’ammorbidimento delle fibre, il sapore differisce molto da una carne frollata all’antica, quindi a secco.
La frollatura a secco, invece, avviene ad una temperatura mai superiore ad ‘1grado, che fa scurire la carne e perdere peso (circa 25% dopo 30giorni) alla carcassa rispetto al suo stato iniziale a causa della disidratazione. L’umidità evapora dal muscolo in modo naturale, creando una maggiore concentrazione di sapore e gusto; in secondo luogo gli enzimi naturali dei bovini abbattono il tessuto connettivo e rendono le carni più tenere. Secondo gli studi effettuati da diverse università in giro per il mondo non serve frollare la carne così tanto tempo.
Scientificamente parlando, infatti, frollare significa lasciare il tempo alla carne di auto-modificare la propria struttura attraverso una degradazione dei muscoli da parte di sistemi proteolitici intracellulari. I muscoli dell’animale subiscono vari cambiamenti a livello molecolare causando la scissione delle principali proteine, interrompendo l’integrità delle cellule. Praticamente la carne perde parte della sua struttura solida, tutto ciò che la tiene insieme, e diventa più tenera.
Il sapore della carne differisce tanto da animale ad animale, perfino tra due capi della stessa razza. Sono stati fatti diversi studi che hanno dimostrato che l’azione enzimatica a un certo punto si ferma perché il processo di frollatura si è concluso. Questo vuol dire che lasciare “in eterno” la carne a frollare non intenerisce maggiormente il prodotto.
Lo studio dimostra che questo processo, per essere davvero efficace, deve durare almeno 35 giorni ma, generalmente, andare dopo i 60 giorni non è sempre utile.
La carne maturata non può avere residui aromatici sgradevoli: se questo accade vuol dire che la carne è rovinata e qualcosa è andato storto in frollatura. La carne frollata deve avere sì un sapore concentrato ma mai sgradevole. Non può avere alcun odore repellente, alcuna punta di rancido.
Questo risultato avviene perché potrebbero essere stati nutriti i batteri sbagliati, che hanno rovinato la carne”.
Come Salvio Passariello, anche Francesco ci tiene a sottolineare che la vera differenza nel mondo delle carni è sapere chi ci mette la faccia e non vuole prendere in giro il consumatore. Il vero problema nell’acquisto è aprire gli occhi al cliente, capire l’importanza di chiedere poche piccole cose, da chi è l’allevatore, da dove viene l’animale e cosa ha mangiato. Perché spesso ci si ferma solo al costo, ma anche qui la piccola bottega a volte ha la stessa carne che si trova in GDO, ma semplicemente maggiorata nel prezzo. I nostri allevatori si possono difendere solo dando un ottimo prodotto; basta considerare che “l’allevamento intensivo porta in soli 14 mesi lo stesso prodotto che noi allevatori coscienti portiamo allo stesso peso in 22/24 mesi. L’etichetta deve essere chiara, tutto deve essere tracciato, dalla carcassa alla preparazione”.
Cosa si può fare?
Oltre a immaginare per gli allevatori attenti uno sbocco vero nella ristorazione, il pubblico va sensibilizzato e deve comprendere che oggi il mercato è cambiato.
Fare una spesa consapevole è fondamentale per difendersi e mangiare in modo sano. Il prodotto carne, come ogni prodotto se scelto in modo attento e consapevole diventa un beneficio per il nostro organismo.
Fonte: Lavinium.it
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